Ragioni e manifestazioni della piccola rivoluzione cominciata dalla stampa 3D
Lunga è la strada che ha portato la stampa 3D, anche detta produzione additiva, fino a oggi. Tutto è cominciato a metà degli anni ‘80, quando il primo estrusore è entrato per la prima volta in funzione. Il progresso tecnologico è stato galoppante e ha portato nei primi anni del nuovo millennio al primo turning point: l’invenzione della stampante autoreplicante. Una macchina in grado di produrre tutti i pezzi che la compongono, non solo clonazioni ma migliorie e modifiche continue. In breve il numero di stampanti operative si moltiplicò in modo esponenziale e la fama di questa tecnologia arrivò al grande pubblico.
Quel picco di fama non è stato, col senno di poi, un fattore favorevole per la stampa 3D. Si creò infatti l’illusione di una tecnologia pronta a entrare nelle case delle persone per assolvere a compiti di quotidiana utilità. Chiaramente non fu così, e per due motivi: il primo è una mera questione di maturità tecnologica non ancora raggiunta, il secondo è che l’orizzonte immaginato per la produzione additiva non è mai stato quello delle quattro mura domestiche.
Ad oggi quella situazione è confermata: le stampanti 3D si trovano solo nelle case dei makers, novelli artigiani che ne sperimentano capacità e limiti. Le altre, la stragrande maggioranza, opera nelle industrie di svariati settori, negli studi odontotecnici, soprattutto nelle stanze dei service di stampa. Questi ultimi sono attualmente i luoghi deputati a portare in auge questa tecnologia: i migliori prendono un’idea o una necessità e ne generano un progetto, quello che nel linguaggio tecnico si definisce un file CAD. Scelto il materiale da utilizzare e la macchina più idonea per assolvere il compito (ce ne sono diverse, “stampa 3D” è in realtà una definizione generica che raccoglie diverse tecniche di stampa additiva), si parte col ciclo di stampa. Ottenuto l’oggetto lo spediscono al richiedente. Il tempo impiegato, al netto della progettazione, è inferiore ai tre giorni nel migliore dei casi. Proprio questo processo così semplice può essere la chiave per far ricredere il grande pubblico: non serve una stampante in ogni casa, ma all’occorrenza ci si può rivolgere a quel service per dare vita al pezzo che si era pensato.
Tra le caratteristiche che più convincono la velocità, in qualche modo, è già stata citata. Dipende dalla macchina, dalle sue prestazioni, ma siamo già su standard di alto livello. L’altro fattore da considera non può che essere quello del costo. Se un macchinario per la produzione in serie genera risparmio man mano che lavora, la stampa 3D tiene il costo pro capite per la creazione di ogni unità costante. Ciò, in altre parole, vale a dire che per produrre migliaia e migliaia di unità dello stesso oggetto meglio non considerare la stampa 3D. Per un singolo prototipo, invece, o per una tiratura limitata o comunque non elevatissima, allora nessuna tecnologia gareggia con la produzione additiva.
Prendiamo ad esempio il processo di prototipazione rapida, che secondo le statistiche è sempre stata la funzione predominante nell’universo ancora limitato della manifattura additiva. Dopo aver realizzato un primo progetto questo si manda in stampa. Se ci sono delle modifiche da fare si può riavere l’oggetto modificato nel giro di un’altra giornata e così via, il tutto mantenendo il prezzo costante per ogni stampa. Va da sé che nel campo dell’innovazione dei design la stampa 3D non abbia competitors a quel livello di performance. A ciò bisogna aggiungere che non si tratta di sola forma ma anche sostanza. Esistono già diversi tipi di materiali utilizzabili, dalla comune resina ai polimeri biodegradabili, dalle polveri vitree ai filamenti effetto legno. E poi tutte le finiture realizzabili: marmorizzazioni, placcature, lucidature e opacizzazioni, per citare le prime venute alla mente.
Le possibilità, che mutuando dall’inglese si direbbero “customizzazioni”, sono pressoché illimitate. La produzione additiva sa replicare il già esistente ma il vero punto d’interesse è come possa migliorare i design già esistenti e semplificare certi processi. Si pensi all’ortodonzia e alla stampo in 3D dei calchi presi con le scansioni tridimensionali (lo scanner 3D è cugino della stampante, altra invenzione rivoluzionaria). Questo è uno dei campi di applicazione in cui il 3D ha già cominciato a mettere in atto una seria rivoluzione, e se il progresso proseguirà in tal senso c’è da scommettere che sarà solo uno tra i primi di tanti.